
Nella loro versione del lavoro di Bizet, il regista Leo Muscato e il direttore del teatro di Florence, Dario Nardella, hanno deciso di risparmiare Carmen, rendendola l’assassina di Don José. Secondo loro, è un “messaggio culturale, sociale ed etico, che denuncia la violenza contro le donne, aumentata in Italia”. Una scelta scenica che fortunatamente non ha convinto il pubblico del Teatro del Maggio, né la stampa italiana.
Verso Censura artistica e revisionismo culturale?
Sembra che dopo tutti gli eccessi del caso Weinstein, #metoo o #balancetonporc (considerando che è assolutamente inaccettabile abusare sessualmente di qualcuno e usare la violenza contro le donne), alcuni gruppi femministi, supportati da alcuni intellettuali, i “buonisti” (o semplicemente stupidi) si stanno muovendo verso una forma di isteria vendicativa. È vero che Olivier PY nel 2012, per l’Opera de Lyon, aveva già evitato la morte a Carmen, ma non l’aveva trasformatta in killer.
Questa stupidità ideologica, amplificata dai “social media”, non sta solo minando l’universo intellettuale e culturale occidentale, ma rappresenta un reale pericolo per la libertà dell’espressione artistica (passata e presente), aprendo la porta al revisionismo storico, altrettanto pericoloso per la democrazia. Dovrebbe essere rimosso dai libri di storia Enrico VIII d’Inghilterra e tutte le opere a lui dedicate (compresa l’eccellente serie televisiva “I Tudor”)?
Dovrebbero essere censurati, in nome della lotta contro la violenza alle donne, vignettisti satirici come Reiser, o grandi scrittori di fumetti come Jean-Claude Claeys, Liberatore, Serpieri, Crepax, o Giovanna Casotto, etc. ?
- Liberatore
- Reise
- Serpieri
- Varenne
- Casotto
- Crepax
Certo, il regista (o il direttore d’orchestra) deve disporre di una libertà artistica indispensabile per adattare un’opera al gusto del giorno, come ad esempio la scelta di Leo Muscardo di situare la storia di Carmen in un campo ROM (Cf. Emmanuel Levinas su questo tema della libertà di adattazione di un opera d’arte). Ma questa libertà dovrebbe portare a manipolare il contenuto di un’opera e, nel caso di Carmen de Muscato, non solo di trasformare una vittima in un carnefice, ma in fine di giustificare la pena di morte?
Questo revisionismo di opere d’arte, letterarie o meno, in nome di qualsiasi tipo di bene comune, di rispetto presumibilmente dovuto al sacro, alla protezione dei minori o alla lotta contro il feminicidio è pura e semplice censura. In un libro straordinario “L’Art face à la censure” (edizioni Baux Arts), Thomas Schlesser fa un punto inquietante di questo tipo di censura nella storia: dal protezionismo corporativo degli artisti del Rinascimento ai standard accademici eretti in legge, dal rogo delle vanità del Dominicano Savonarola all’iconoclastia protestante, dal puritanesimo contro il sesso alla persecuzione degli oppositori politici, dell’ “arte degenerata” vituperato nazisti alle repressioni staliniane.
- Chrysis Jungbluth,1925-orgie, opera censurata
- Satira della censura in Cina
- Censura di Masaccio dalla chiesa catolica
- Censura di Egon Schiele
In Inghilterra, diverse opere teatrali sono state recentemente vietati dalla polizia tra cui “Behzti” e “Behud” di Gurpreet Kaur Bhatti, sotto la pressione delle proteste contro le loro rappresentazioni, proteste diffuse dai social network, una dimostrazione che il diritto di manifestare sarebbe diventato superiore alla libertà di espressione.
Questo tipo di censura è un riflesso fedele di una società – che si occupa di arte, attorno ai nuovi tabù che sono oggi la violazione della dignità umana, la morte, la rappresentazione dei minori (Balthus, Larry Clark) e le icone, religiose o laiche, le rappresentazione di donne (e uomini) considerate umiliante, che l’arte non avrebbe più il diritto di contestare (in Cina, in Russia , negli Stati Uniti, ecc.).
In questo come in altri problemi legati alla libertà di espressione, purché non provochi odio provocatorio, xenofobia, ecc., come previsto dalle Convenzioni internazionali sui diritti umani e dalla giurisprudenza del CEDU, la risposta migliore non è la censura, ma il dibattito e l’educazione.
Come Julia Farrington, direttore artistico dell’eccellente rivista britannica “Index for Censorship”, scrive:
« In un mondo ideale dovremmo avere accesso sia all’opera d’arte che alla protesta che provoca. Questo è quando l’arte funziona davvero per la società, quando incoraggia il dibattito, ispira il discorso contradittore ». The Guardian, 29 Novembre 2019 “The art, the law and freedom of speech”











