Filosofia del Centro

Le attività del centro LIBREXPRESSION si svolgono nell’ambito dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come specificata nella giurisprudenza costante della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dalla sentenza « Handyside contro Regno Unito » del 1976, pietra angolare della giurisprudenza in materia di libertà di espressione.

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
ARTICOLO 10 Libertà di espressione

  1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematogra che o televisive.
  2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

Caso Handyside C. Regno Unito, (ricorso n°5473/72) sentenza della CEDU del 7/12/96 –

  1. Tuttavia, l’articolo 10-2 non conferisce agli Stati contraenti un potere illimitato di apprezzamento. La Corte, che ha la responsabilità di assicurare l’osservanza degli impegni di tali Stati (articolo 19), è competente a decidere in via definitiva se una “restrizione” o “sanzione” sia conciliabile con la libertà di espressione come tutelata dall’articolo 10 (articolo 10). Il margine di apprezzamento interno va quindi di pari passo con una supervisione europea. Tale supervisione riguarda sia lo scopo della misura contestata sia la sua “necessità”; copre non solo la legislazione di base, ma anche la decisione che la applica, anche una data da un tribunale indipendente. A tale riguardo, la Corte fa riferimento all’articolo 50 (articolo 50) della Convenzione (“decisione o … misura presa da un’autorità legale o qualsiasi altra autorità”) nonché alla propria giurisprudenza (Engel e altri sentenza dell’8 giugno 1976, serie A 22, pp. 41-42, punto 100).

Le funzioni di vigilanza della Corte lo obbligano a prestare la massima attenzione ai principi che caratterizzano una “società democratica”. La libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una tale società, una delle condizioni fondamentali per il suo progresso e per lo sviluppo di ogni uomo. Fatto salvo il paragrafo 2 dell’articolo 10 (articolo 10-2), è applicabile non solo alle “informazioni” o alle “idee” che sono favorevolmente ricevute o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche a quelle che offendono, sconvolgono o inquietano lo stato o qualsiasi settore della popolazione. Tali sono le esigenze di quel pluralismo, tolleranza e apertura mentale senza le quali non esiste una “società democratica”. Ciò significa, tra le altre cose, che ogni “formalità”, “condizione”, “restrizione” o “sanzione” imposta in questa sfera deve essere proporzionata allo scopo legittimo perseguito.

Da un altro punto di vista, chiunque eserciti la propria libertà di espressione assume “doveri e responsabilità” il cui ambito dipende dalla sua situazione e dai mezzi tecnici che utilizza. La Corte non può trascurare i “doveri” e le “responsabilità” di una tale persona quando chiede, come in questo caso, se “restrizioni” o “sanzioni” favoriscano la “protezione della morale” che li ha resi “necessari” in un società”.