Fake-News e libertà di espressione

Ecco un libro essenziale per affrontare il dibattito attuale sulla necessità o meno di legiferare contro le “fake news”, particolarmente nel nostro nuovo mondo dei social networks.
Oreste POLLICINO, Giovanni PITRUZELLA e Stefano QUINTARELLI
“Parole e potere, libertà d’espressione, hate speech e fake news” pubblicato da EGEA nel 2017

Per affrontare il dibattito è importante di capire cosa sono le “fake news”, sono :“articoli recanti notizie che sono intenzionalmente e verificabilmente false e potrebbero trare in inganno i lettori” p.73.

Quindi non sono “fake”: errori non intensionali; rumori del web,, teorie cospiratorie, satira, false affermazione dei politici.

La domanda, prima di parlare di necessità di legiferare, è quindi di sapere se le “fake news” fanno parte o meno della libertà di espressione, come definita nelle convenzioni internazionali (particolarmente l’articolo 10§1 della Convenzione europea dei diritti umani e l’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, inserita nel Trattato di Lisbona) e nelle costituzioni dei paesi democratici, anche se queste convenzioni prevedono delle eccezioni. L’amplitudine di questa libertà è periodicamente affermata in una giurisprudenza costante della Corte Europea dei diritti Umani (CEDU) dalla sentenza Handyside, del 1979, che precisa che questa libertà è: “libertà anche per informazione che “offendono, sconvolgono o inquietano”.

Come lo precisano gli autori:
“La libertà di espressione è la pietra angolare delle nostre democrazie liberali. Un diritto umano universale riconosciuto dalle convenzioni internazionali delle Nazione Unite, del Consiglio d’Europa e dell’Unione europea, ripreso nelle costituzioni nazionali e nelle leggi che né risultano. Libertà di espressione vuol dire libertà di parola, libertà di diffondere informazione, libertà di ricevere informazione. Senza queste libertà, non può esistere un dibattito democratico, non esiste la democrazia. Ma, questa necessità di stimolare la libertà di espressione in società democratiche è o meno superiore a qualunque preteso, non dimostrato della censura? O questo diritto a ricevere e diffondere informazione deve essere limitato alle informazione corrette e quindi a contrastare le cattive informazioni.

Il problema è di sapere se l’informazione deve essere (come lo pensano gli europei) “di qualità” o se il contenuto dell’informazione è indifferente (posizione più vicina a quella degli USA, secondo il primo emendamento della Costituzione). Una discussione che sviluppa nel libro Oreste Pollicino.

Tuttavia “l’informazione di qualità” era parte della missione e dell’interesse dei media prima dell’introduzione delle tecnologie dell’informazione: produrre un media, assicurarne la vita necessitava dei fondi importanti e il rispetto (fino a un certo punto) del lettore, dell’auditore o del telespettatore. La concorrenza cosi limitata (in generale) obbligava (fino a un certo punto) i giornalisti a un minimo di professionalità e di verifica delle notizie prima pubblicazione.

Oggigiorno questo mondo reale “dell’atomo” è superato dal mondo virtuale “dei bit”:
– Primo: “l’innovazione tecnologica ha cambiato il modo in cui l’informazione viene prodotta, distribuita e utilizzata” p.57. Per esempio, ogni secondo sono creati 5 nuovi profili; ogni giorno sono caricate 300 milioni di immagini, 510.000 commenti e 293.000 aggiornamenti di stato, senza nessun controllo di qualità. Esistono 81 milioni di account anonimi.
– Secondo, il “Mercato dell’informazione” su internet non è libero (costituto di oligopoli). I social network utilizzano degli algoritmi, i motori di ricerca sono manipolati con delle filter bubbles e la trasmissione di informazione traghettata sui gusti e desideri dell’utente creando delle tribù di pensiero identico (utilizzo di “machine learning” per adattarsi al gusto e interesse dell’utente)
– Terzo, il comportamento stesso degli utenti limita la capacità d’informazione (91,5 % si ferma alla prima pagina in una ricerca su internet) e non ricerca ne di verificare l’informazione, ne di cercare opinioni diversi. Per di più, da una parte, davanti all’infinita di informazioni e il poco tempo disponibile, il surfing sull’informazione prende il posto dell’approfondimento, dall’altra la quantità di informazione “inutile”, l’attrazione per immagini e il divertimento, conducono a un mondo della disattenzione e a una logica di polarizzazione.

Quindi, secondo gli autori, “l’utente è chiuso dentro la bolla costruita secondo sui suoi gusti, preferenze e pregiudizi” p.67.
Il mondo dell’informazione è caratterizzato dalla sua frammentazione, polarizzazione, producendo una radicalizzazione della politica e delle forze centrifughe che gli autori qualificano di “sciame digitale”.
Dunque, in questo ambito, se “le “fake news” realizzano effetti contrari alla finalità della libertà di espressione diffondendo presso la collettività messaggi non veritieri”. Se queste notizie prive di un’utilità sociale, che non racchiudono alcun contributo all’informazione degli individui perché false o tendenziose si pone il problema di sapere:
– Devono essere censurate ose bastano le misure già previste nelle convenzioni internazionali ed Europei e nelle legislazioni nazionali?
– O se sarebbe meglio lottare contro la falsità con informazione vera ed educazione degli utenti e dei giovani, e il sostegno di siti di “fact-checking”?

La legislazione adottata nel 2017 in Germania contro “fake news e hate speech” ha già condotto Twitter a censurare il conto della rivista satirica “Titanic” perché non ne ha capito il senso satirico.


Tali legislazioni portano quindi a un rischio maggiore di censura cecca, di autocensura andando  contro la libertà di espressione. In effetti, non si sa bene chi deve avere la responsabilità dei contenuti on-line tra i operatori del net, una responsabilità limitata dalle Direttive europee sui servizi on-line (2000/31/CE) e su i servizi di media audio-visivi (direttiva SMAV). Chi deve essere responsabile, quindi chi rischia di pagare le multe previste: i gestori di portali on-line, diproxy server, i service provider: di content, di network, di access, di hosting, di cache?

Davanti al rischio economico per i operatori rappresentato da multe importanti, è chiaro che reagiscono con una censura privata: l’autoregolamentazione (veda su Facebook, la censura del nudo – anche del capolavoro di Gustave Courbet “l’origine du monde” nel 2015) secondo criteri scelti da gli social networks senza ricorsi possibili per gli utenti, con delle condizioni di utilizzo imposte all’utente, e possibilità di ricorso solo in giurisdizione di Stati americani, condizioni che possono essere considerate dai tribunali come clausole abusive.

Gustave Courbet: “L’origina del mondo”

Commento di LIBEX:

Sembra che il rimedio proposto di legislazione in materia di “fake news” sia peggiore del male, è ancora una volta, che i politici considerano i cittadini come dei minori da proteggere contro loro stesso, abdicando il loro ruolo di educare ed informare oltre che di divertire e di mentire per ottenere i voti. Forse sarebbe meglio che pensassero’ ad autoregolarsi e a non appoggiarsi su un populismo di basso livello e a giocare con le emozioni dei cittadini. Aspettiamo il contenuto del progetto francese (annunciato dal presidente Macron inizio 2018) e quello dell’Unione europea (un gruppo di lavoro sull’argomento è appena stato creato) in termini di regolazione delle “fake news” per analizzare il loro contenuto. Ovviamente LIBREXPRESSION seguirà e tornerà su questo argomento cruciale per la libertà di espressione, di critica e di satira.

 

* Ascolta l’intervista radiofonica di Oreste Pollicino nella trasmissione « Un libro per l’Europa » di Thierry Vissol :
Un libro per l’Europa
“Parole e potere, libertà d’espressione, hate speech e fake news” di Pollicino, Pitruzzella e Quintarelli – EGEA, 2017 Sito: https://ec.europa.eu/italy/news/radio/libro_20180126_it
Link breve:  |Link all’audio:

 

Autore

Economista e storico, direttore del centro LIBREPRESSION, Fondazione Giuseppe di Vagno

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